Realtà virtuale in psicoterapia. Una realtà anche in Italia
Circa un anno fa vi avevamo parlato degli usi della realtà virtuale in psicoterapia. Trovate l’articolo qui.
Oggi vi proponiamo un’intervista a due giovani psicologi, Simone e Lorenzo, che hanno ideato IDEGO. Idego è un progetto che si propone di utilizzare la realtà virtuale in psicoterapia.
AUGMENTA: Presentaci un po’ chi siete e cosa fate.
SIMONE: Idego – Psicologia Digitale è una giovane realtà sociale nata con l’ambizione di aggiornare la cultura psicologica italiana, allo scopo di affrontare il disagio psicologico con la massima attenzione alle più recenti trasformazioni del tessuto culturale, sociale ed economico. Abbiamo un servizio attivo di consulenza psicologica online (che si chiama Twende! www.idego.it/twende), il cui obiettivo è quello di avvicinare i giovani al concetto di benessere mentale attraverso un linguaggio a loro familiare – com’è il web. Abbiamo poi ideato e sviluppato sistemi di Virtual Reality a sostegno della pratica di psicologi, psicoterapeuti, e altri professionisti che operano nel settore della salute mentale, in particolare nella Riabilitazione e nella Psicologia dello Sport. Stiamo ora lavorando a strumenti che possano essere utili ai colleghi nell’ambito della formazione aziendale e in quello clinico, nello specifico l’Ansia Sociale e il Disturbo Ossessivo Compulsivo.
A: Come siete venuti a conoscenza della RV in generale?
LORENZO:Contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, l’Italia vanta un’illustre tradizione di ricerca nel settore delle applicazioni cliniche della Realtà Virtuale Immersiva; una tecnologia flessibile, in grado di rappresentare una valida integrazione degli strumenti tradizionali a disposizione di psicologi e psicoterapeuti in diversi ambiti.
Giuseppe Riva, Professor ordinario di Psicologia generale dell’Università Cattolica di Milano, guida da più di 20 un imponente attività divulgazione e di ricerca in materia.
Personalmente, la mia prima “immersione” virtuale è avvenuta all’interno di un antico mausoleo, ricostruito digitalmente da una giovane startup innovativa romana impegnata nel campo dei beni culturali.
Trasparenza del medium, senso di presenza, immersività e coinvolgimento, interazione. Concetti che sono alla base delle implicazioni cliniche di questo medium, ma che risultano difficili da comprendere pienamente finché non ci si sperimenta.
A: Avete provato qualche esperienza virtuale che vi ha particolarmente colpito? Ce la raccontate?
S: L’esperienza che più mi ha colpito è stata la Social VR, AltSpace prima e VTIME poi. Attraverso la Social VR è possibile, una volta indossato il visore, prendere le sembianze di un avatar personalizzabile e interagire e socializzare con altre persone in una sorta di videochiamata 3D e interattiva, ma in Realtà Virtuale (per maggiori info su AltSpace, leggete qui).
Interagire con gli altri e condividere esperienze, cambiando scenari e ambientazioni. Mi ha molto impressionato: è un nuovo livello della comunicazione web-mediata, la dimensione fisica del medium svanisce, gli occhi ‘virtuali’ dell’altro non sono filtrati da uno schermo, cambia tutto.
Molto presto potremo crearci un avatar con le nostre fattezze reali, grazie ai sistemi di tracciamento facciale, e indossando un visore decidere dove essere, quando essere e con chi. Potremo raggiungere un amico a New York City per un concerto live, che si sta svolgendo ‘realmente’ in quel momento, senza uscire di casa.
Il potenziale di uno strumento del genere è illimitato.
Ci chiediamo spesso quali saranno le ‘conseguenze’ di questa evoluzione. Di fronte ad un dibattito che appare molto polarizzato, la Psicologia Digitale deve costituirsi come disciplina in grado di indagare queste trasformazioni dal punto di vista psicologico. Quali sono i cambiamenti cui andrà incontro il nostro profilo cognitivo? E i bambini che nasceranno immersi in questa realtà iper-tecnologica? Quali sono le conseguenze di breve e di lungo periodo sul nostro benessere?
A: Come nasce il progetto IDEGO?
L: L’origine di IDEGO risale alla tesi specialistica di Simone nella quale veniva progettato un servizio di supporto psicologico online per giovani adulti. Con l’obiettivo di realizzare quell’idea ci siamo uniti, e pochi mesi dopo abbiamo dato vita a Twende! Consulenza Psicologica Online.
Consapevoli della necessità di aggiornare gli strumenti a disposizione della categoria abbiamo composto un team di ragazzi giovani e motivati provenienti dal mondo della psicologia, dell’informatica, delle arti grafiche, della filosofia e dell’economia.
Ci siamo presto resi conto che, attraverso Twende!, avevamo “fatto un primo passo in un mondo più vasto”, per citare il vecchio maestro Obi-Wan: la Psicologia Digitale, un campo enorme che, come diceva Simone, studia da un lato le trasformazioni psicologiche che scaturiscono dall’interazione con i nuovi media, dall’altro si propone di progettare queste tecnologie affinché supportino il nostro benessere psicologico.
E’ con l’ambizione di occuparci di Psicologia Digitale a 360° che abbiamo costituito dunque IDEGO, dall’unione di due delle tre istanze psichiche freudiane, Id ed Ego, per sostenere i contenuti profondi della psicologia tradizionale in modo nuovo, fresco, accessibile: Idego appunto, allo scopo di aggiornare la cultura psicologica e sostenere gli orizzonti operativi di psicologi e psicoterapeuti.
A: La RV è usata in psicoterapia da tempo, prevalentemente in ambito militare per curare PTSD. Le potenzialità sono però ben superiori secondo alcuni. Quali sono gli scopi che vi prefiggete di raggiungere attraverso questa tecnologia?
S: Le pratiche riprodotte in virtuo presentano un’opportunità unica, rispetto a quelle in vivo, poiché i protocolli di intervento possono essere controllati (si pensi all’intensità, o alla quantità, di uno stimolo fobico ad esempio), ripetuti, settati sulle necessità dell’utente. E non faccio riferimento solo ai protocolli di matrice comportamentale per i disturbi d’ansia: uno degli elementi che spesso viene trascurato è quello della flessibilità di questa tecnologia.
La VR è infatti facilmente adattabile ai diversi approcci psicoterapeutici. Uno psicodinamico, ad esempio, potrà usare gli ambienti virtuali non per trattare una fobia attraverso l’esposizione o per valutare modelli e abitudini disfunzionali, bensì come un complesso sistema simbolico con l’obiettivo di elicitare determinati vissuti emotivi. Come dicevo prima, abbiamo avuto la possibilità di lavorare nel settore della riabilitazione psichiatrica, del mental training: le possibilità sono infinite.
Noi ci poniamo l’obiettivo di integrare gli strumenti a disposizione di psicologi e psicoterapeuti alla luce delle più recenti innovazioni tecnologiche. Crediamo nell’innovazione, anche nel nostro settore, come in quello medico.
A: Come intendete usarla in pratica, ci potresti, descrivere più o meno la procedura che avete in mente?
L: Come diceva Simone, la VR è una tecnologia estremamente flessibile, i suoi campi applicativi sono vari e molteplici, e di conseguenza anche i protocolli di impiego.
Uno degli ambiti tradizionali d’uso è quello dei disturbi d’ansia basato sull’intervento cognitivo-comportamentale dell’esposizione allo stimolo, accompagnato ad una rielaborazione degli stimoli, che si è dimostrato particolarmente efficace quando riprodotto in RV. Nella desensibilizzazione sistematica si interviene sui processi cognitivi con l’obiettivo di sviluppare comportamenti più funzionali e adeguati. Per fare ciò è necessario esporre il paziente, in vivo o grazie alle tecniche immaginative, allo stimolo fobico, come ad esempio un cane oppure il gate di un aeroporto. L’utilizzo della Realtà Virtuale permette di immergere il paziente in un ambiente virtuale: in questo modo non ci si affida alle capacità immaginative (difficilmente misurabili e controllabili) del paziente e si può lavorare all’interno di un contesto strutturato e controllato, creato ad hoc. In questo modo, in un ambiente condiviso tra psicoterapeuta e paziente, sarà possibile esporre quest’ultimo allo stimolo ansiogeno controllandone attivamente diversi aspetti (come l’intensità) e identificando più agevolmente i parametri correlati alla risposta disfunzionale.
Per maggiori info sul progetto potete visitare la pagina idego.it.
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