Meta e il metaverso sono morti?
Parliamo di Meta e del metaverso. Non volevamo commentare la cosa, ma dopo le reazioni scomposte agli utili trimestrali che abbiamo visto sui social e sulla stampa finanziaria ci pare necessario stabilire alcune cose.
Prima di tutto, che è successo?
Gli utili trimestrali di Meta sono andati molto male rispetto all’analogo periodo dell’anno scorso, e il titolo azionario è crollato in borsa. L’azienda sta investendo molto nella sua visione del metaverso che ancora non esiste, come diciamo sempre. I soldi spesi quindi sono per ora senza un ROI (return on investment) prevedibile.
Contemporaneamente, le fonti di ricavi tradizionali dell’azienda sono in crisi. In particolare le entrate da annunci su Facebook non soddisfano.
Non ti tedieremo con numeri e percentuali, né tantomeno ci interessa andare oltre nell’analisi finanziaria del titolo. Qui si parla di realtà virtuale, metaverso, e spatial computing.
Questa premessa era necessaria perché il piccolo disastro finanziario di Meta ha causato una valanga di critiche. Le critiche ci sembrano forzate, eccessive e francamente figlie dello stesso spirito miope che qualche mese fa parlava a sproposito di rivoluzioni.
Nel nostro blog troverai diversi articoli polemici, soprattutto negli ultimi tempi. Ma ci pare che in questo caso si vada un po’ oltre.
Per non dare l’idea che in Augmenta siamo partigiani di Meta, chiariremo anche noi cosa non va nell’idea di metaverso che ha Mark Zuckerberg.
Meta e il metaverso sono morti
La tempesta di accuse non risparmia niente. Viene criticata l’azienda, viene criticato l’hardware nuovo presentato al Connect (la convention annuale dell’azienda sulle tecnologie immersive) qualche settimana fa, e il prodotto software. Cioè la piattaforma su cui Meta ambisce a trasferire, pian piano, sia la sua vocazione social, sia il lavoro da remoto. Intendiamoci, le critiche a questi due aspetti c’erano anche prima. Meta è un’azienda che non è molto simpatica a nessuno, tuttavia dopo l’annuncio degli utili il tono è andato salendo.
E chiaramente viene criticato Mark Zuckerberg. Gli si rimprovera di aver puntato tutto su questo “sogno”, “fantasia” o altri termini meno lusinghieri, mentre aveva un business fiorente per le mani.
L’ossessione di Mark per il metaverso è di fatto il principale colpevole della debacle finanziaria anche secondo gli investitori di Meta. Il problema in questo senso è che la visione di Zuckerberg sembra troppo a lungo termine e Wall Street predilige senza dubbio il profitto nel breve termine, quando è possibile.
Chiaramente dalle condanne sull’aspetto finanziario e di gestione che vengono tributate all’azienda e al CEO, arrivare a decidere che il metaverso è finito il passo è brevissimo. La palla è stata presa al balzo immediatamente da diverse figure. I primi sono i già citati analisti finanziari e investitori. Questo video, in cui un analista finanziario alla CNBC parla di come Meta debba concentrarsi su ciò che le porta “reali incassi” è un ottimo esempio.
Gli altri sono addetti ai lavori, che hanno approfittato della situazione per sfogare il loro livore nei confronti dell’azienda e dell’idea di metaverso che Meta porta avanti.
È un po’ cherry picking, ma provate a digitare su YouTube frasi come “the metaverse is dead” o simili e vedrete quanti detrattori vengono fuori.
La vediamo diversamente.
La prima considerazione di carattere generale è che la stampa dovrebbe smetterla di esagerare e tenere un atteggiamento un po’ più equilibrato. Il bipolarismo estremo su ogni tema è veramente utile solo a solleticare la mancanza di obiettività delle due parti in ogni dibattito, senza informare realmente.
Ripetiamo che non abbiamo alcun interesse a difendere Meta e il metaverso. Anzi, nei nostri ultimi articoli troverete posizioni piuttosto critiche nei confronti degli entusiasmi eccessivi che pure ci sono stati su tutto il tema metaverso. Per esempio, in questo articolo “Perché non abbiamo tutti un visore addosso”.
Andiamo oltre. Abbiamo la fortissima impressione che Meta e la sua visione del metaverso non siano assolutamente tarati sugli utenti. Il fatto che fino a poco fa fosse necessario un account Facebook e che ora serva invece l’account Meta per accedere al Quest, per esempio, ci fa sospettare profondamente che il fine ultimo non sia quello di costruire qualcosa che sia utile per il pubblico. In termini più chiari, siamo convinti che Meta sia e rimanga nel business della raccolta dati, non in quello dei social o del web3.
Detto questo però, chiariamo un paio di cose, facciamo tre:
1) Il crollo in borsa è totalmente comprensibile ma secondo chi scrive – investitore dilettante – un po’ miope: Mark Zuckerberg disse all’inizio che l’impresa avrebbe perso soldi con la VR per almeno dieci anni. Panic selling per una trimestrale orrenda è da trader o scommettitore e non da investitore. Cioè, se hai comprato azioni di Meta e non hai tenuto in considerazione questa dichiarazione programmatica di Zuckerberg, secondo noi hai comprato male.
2) Al Connect – la convention annuale di Meta – quest’anno c’era Satya Nadella, CEO di Microsoft, che con Mark Zuckerberg ha annunciato una collaborazione per lo sviluppo della parte VR dedicata alle imprese. Siamo abbatanza convinti che il numero uno di un’azienda enorme come Microsoft sapesse bene degli utili in forte calo, anche perché annunciati poche settimane dopo la convention. E se non si è tirato indietro, probabilmente un motivo c’è.
3) Il passo indietro che questo evento trimestrale potrebbe innescare – Meta potrebbe ridurre gli investimenti per non far scappare o arrabbiare gli azionisti – avrà un effetto a catena su tutta l’industria. Ma questo è per noi un fatto estremamente positivo, perché servirà come potatura dei rami secchi. Per rami secchi intendiamo tutte quelle iniziative che sono nate solo sull’hype metaverso e non apportano nessun reale valore alla comunità o al mondo delle tecnologie immersive. Tipo il 99% dei progetti NFT, per intenderci.
…per riassumere
Il metaverso ha un sacco di questioni irrisolte. Su alcune di queste si stanno consumando cervelli molto più adatti allo scopo del nostro. Parliamo di problemi di hardware ancora troppo pesante e scomodo, di problemi di infrastrutture informatiche ancora insufficienti. Ma ci sono anche seri problemi di struttura del metaverso stesso, pensiamo alla chimera dell’interoperabilità. E infine, è più che evidente che esiste una questione di effettiva utilità delle proposte.
Il CEO di Snap Inc, Evan Spiegel, ha chiaramente detto che non si vede, dopo ore di ufficio e di lavoro a passare altro tempo disconnesso dal mondo con un visore di VR. Riteniamo sia una critica esagerata e in parte cieca alla realtà di milioni di persone che dopo il lavoro si tappano effettivamente in casa a guardare la TV o a giocare con videogiochi da PC o mobile.
Ma una cosa la evidenzia: un mondo tipo Ready Player One ci serve davvero? Non è una domanda da poco. Il fatto che sia “cool” (usiamo questo perché scrivere figo pare brutto), non sifgnifica che sia utile. E considerando tutti i soldi spesi per alcuni progetti, anche da Meta, forse è una riflessione che va fatta.
Detto questo, però decidere che il metaverso o il web3 vada eliminato in toto, significa proprio usando un’espressione obsoleta, buttare il bimbo con l’acqua sporca…almeno secondo noi.
Meta è al momento uno dei maggiori contributori in investimenti su tutti i fronti e per quanto la sua presunta crisi possa essere un segnale importante, non crediamo in assoluto che questo significhi la fine del metaverso e di quello che è stato fatto finora. Al massimo pensiamo ad un ritracciamento, ma non siamo certi nemmeno di questo.
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